Negli ultimi anni, il fenomeno dello spopolamento sta ridefinendo l’identità e il futuro dell’Abruzzo, una regione che da sempre vive un rapporto complesso con le migrazioni.
Se in passato l’emigrazione di massa portava migliaia di abruzzesi oltreoceano alla ricerca di migliori condizioni di vita, oggi la mobilità si concentra principalmente verso le regioni del nord Italia e l’Europa, coinvolgendo in particolare i giovani, attirati da maggiori opportunità economiche.
A partire dalla fine del XIX secolo, l’emigrazione fu una necessità per moltissimi abruzzesi. La povertà rurale e le limitate prospettive lavorative spinsero intere famiglie a lasciare le montagne e le vallate per dirigersi verso Stati Uniti, Canada, Argentina e Australia. Tuttavia, nonostante la lontananza, gli emigranti mantennero un forte legame con la loro terra d’origine, espresso attraverso il sostegno economico inviato ai familiari rimasti e la conservazione delle tradizioni locali.
Oggi, i discendenti di questi emigranti tornano sempre più spesso in Abruzzo per riscoprire le loro radici culturali e familiari, sostenuti da iniziative come l’Anno del Turismo delle Radici. Promossa dal governo italiano, questa iniziativa mira a incoraggiare i discendenti degli emigrati a visitare i luoghi dei loro antenati, trasformando il passato migratorio in un’opportunità per il futuro.
Se il turismo delle radici rappresenta una possibilità di riscoperta e valorizzazione del territorio, la realtà delle aree interne abruzzesi rimane critica. La popolazione è in costante calo: dal 2019 al 2023, l’Abruzzo ha perso circa 30.000 abitanti, scendendo a meno di 1,3 milioni di residenti. Il fenomeno è particolarmente evidente nelle aree montane, dove i piccoli comuni affrontano una doppia sfida: invecchiamento della popolazione e riduzione delle nascite.
Nel 2021, l’Abruzzo aveva già superato il rapporto di 2 anziani per ogni giovane, un dato che il resto d’Italia ha raggiunto solo nel 2024. Nei comuni montani, 19 su 20 mostrano indici di vecchiaia tra i più alti della regione. Questo squilibrio demografico rende difficile mantenere servizi essenziali e opportunità lavorative, costringendo molte giovani famiglie ad abbandonare questi territori.
Per contrastare il declino demografico, la Regione Abruzzo ha introdotto la LR 32/2021, che prevede incentivi economici per le famiglie che trasferiscono la residenza nei comuni di montagna. Tra le misure più significative, un contributo triennale di 2.500 euro annui per famiglia, raddoppiato in caso di avvio di un’attività imprenditoriale. L’obiettivo è duplice: stimolare la natalità e favorire la creazione di un tessuto economico più dinamico nelle aree marginali.
Tuttavia, l’efficacia di queste misure è ancora da valutare. Sebbene rappresentino un segnale importante, la loro capacità di invertire la tendenza allo spopolamento dipende dalla creazione di un contesto socioeconomico attrattivo, che garantisca infrastrutture, accesso ai servizi e opportunità di lavoro stabili.
L’Anno del Turismo delle Radici offre all’Abruzzo un’occasione unica per promuoversi come destinazione turistica, culturale e sostenibile. Il richiamo alle proprie origini non è solo un viaggio nella memoria, ma anche un’opportunità per immaginare nuovi scenari. La riscoperta delle radici può infatti diventare un volano per la rinascita economica e sociale del territorio, attirando visitatori e, potenzialmente, nuovi residenti.
Il futuro dell’Abruzzo dipenderà dalla capacità di coniugare tradizione e innovazione, valorizzando il proprio patrimonio culturale e naturale mentre si affrontano le sfide del presente. La storia migratoria della regione, da terra di partenza a luogo di ritorno simbolico, è un invito a riflettere sul valore della memoria e sull’importanza di rendere vivi e vitali i territori, non solo come custodi del passato, ma come spazi dove costruire il futuro.